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Ernest Hemingway
 

Cat In The Rain - 3 of 4

f1

Sempre pensando che quell'uomo le piaceva, aprì la porta e guardò fuori. Si era messo a piovere più forte. Un uomo con un mantello di gomma stava attraversando la piazza deserta nella direzione del caffè. Il gatto doveva essere sulla destra. L'americana pensò che forse poteva procedere sotto le grondaie. Mentre stava sulla soglia un ombrello si aprì dietro di lei. Era la cameriera addetta alla loro stanza.

«Non deve bagnarsi» sorrise, parlando in italiano. Naturalmente, l'aveva mandata l'albergatore.

Con la cameriera che le teneva l'ombrello sopra la testa, camminò sulla ghiaia del sentiero finché non fu sotto la finestra. C'era il tavolo, di un verde ravvivato dalla pioggia, ma il gatto era sparito. L'americana fu presa da un inaspettato disappunto. La cameriera alzò lo sguardo a lei.

«Ha perduto qualcosa, signora?»

«C'era un gatto» disse l'americana.

«Un gatto?»

«Sì, un gatto.»

«Un gatto?» rise la cameriera. «Un gatto sotto la pioggia?»

«Sì» disse lei «sotto il tavolo.» Poi: «Oh, lo desideravo tanto. Volevo un micino».

Quando parlò in inglese la fronte della cameriera si accigliò.

«Venga, signora» disse. «Dobbiamo rientrare. Si bagnerà.»

«Credo anch'io» disse l'americana.

Tornarono indietro sulla ghiaia del sentiero e varcarono la soglia. La cameriera restò fuori a chiudere l'ombrello. Mentre l'americana passava davanti all'ufficio, il padrone dallo scrittoio le fece un inchino. La ragazza si sentiva, dentro, qualcosa di molto piccolo e duro. Il padrone la faceva sentire molto piccola e davvero importante al tempo stesso. L'americana ebbe la sensazione passeggera di essere una persona straordinariamente importante. Salì le scale. Aprì la porta della stanza. George era sdraiato sul letto e leggeva.

«Hai trovato il gatto?» chiese, posando il libro.

«È sparito.»

«Chissà dov'è andato» disse lui, riposandosi gli occhi dalla lettura.

Lei si sedette sul letto.

«Lo desideravo tanto» disse. «Non so perché lo desideravo tanto. Volevo quel povero micino. Non è affatto divertente essere un povero micino fuori sotto la pioggia.»

George si era rimesso a leggere.

Lei andò a sedersi davanti allo specchio della toeletta e si guardò con lo specchio da viaggio. Studiò il suo profilo, prima da una parte e poi dall'altra. Poi si esaminò la nuca e il collo.

«Non credi che sarebbe una buona idea se mi lasciassi crescere i capelli?» chiese, guardando nuovamente il suo profilo.

George alzò gli occhi e vide la sua nuca, con i capelli corti come quelli di un ragazzo.

«A me piacciono così come sono.»

«Sono stufa» disse lei. «Sono stufa di sembrare un ragazzo.»

George, sul letto, cambiò posizione. Non aveva distolto lo sguardo da sua moglie da quando lei si era messa a parlare.

«Sei maledettamente bella» disse.

 

Eccoti il terzo paragrafo, prova a continuare la storia, prima di leggere il quarto